Beato Angelico, artista del suo tempo, mistico fuori tempo
Si è tenuta ieri pomeriggio, presso la Biblioteca del Complesso di San Marco a Firenze, una conferenza, curata da Mons. Timothy Verdon, dal titolo Angelico inedito, artista del suo tempo, mistico fuori tempo. L’Angelico inedito di Timothy Verdon, studioso statunitense, autore di numerose pubblicazioni sulla storia dell’arte sacra, è stata un’esposizione davanti a un nutrito pubblico di appassionati e amanti dell’arte del Rinascimento, alcune inedite osservazioni sull’opera di Fra’ Giovanni da Fiesole, universalmente noto col nome di Beato Angelico.
Il Beato Angelico inedito presentato da Timothy Verdon riprendeva osservazioni da lui già trattate in un’importante monografia dedicata al pittore domenicano, pubblicata nel 2015 ed edita da 24 ore cultura.
I caratteri stilistici che valsero a Fra’ Giovanni l’appellativo di “angelico” quali ad esempio la raffinatezza e la luminosità diafana, hanno fatto sì che nella tradizione degli studi la sua opera venisse letta solo come un ‘dialogo’ tra l’eredità di Lorenzo Monaco e le novità masaccesche. Ma l’Angelico fu molto di più: come ha ricordato Mons. Verdon, l’uso talora di anacronismi quali l’impiego del fondo oro non furono per l’artista semplicemente un retaggio tardogotico ma espressione di messaggi teologici legati al concetto di luce di cui il pittore di San Marco si dimostrò profondo conoscitore.
Uno dei momenti della presentazione nella Biblioteca michelozziana
Non solo “angelico”
Altri caratteri dell’arte dell’Angelico evidenziati da Verdon dimostrano l’interesse concreto che il pittore ebbe per il contesto artistico e culturale della Firenze di primo Quattrocento, dove egli – aspetto ancora poco sottolineato dalla tradizione di studi – prestò attenzione sia alla scultura, di Donatello in particolare, e sia all’architettura, in specie quella brunelleschiana che proprio in quel periodo riesumava un vocabolario classico che ritroviamo con precisi rimandi nei dipinti dell’Angelico.
Se già questi dati bastano a sorprendere l’osservatore più appassionato della pittura del frate domenicano, si rimane meravigliati nel convenire con Verdon che Beato Angelico fu persino uno dei pittori più ‘drammatici’ del suo tempo. Se si vanno ad osservare con attenzione le citazioni nei suoi dipinti, è possibile ritrovare rimandi allo scultore più drammatico suo contemporaneo – Donatello – o anche i richiami alle rappresentazioni sacre che periodicamente si svolgevano nella Firenze contemporanea, per non parlare dell’attenzione rivolta dall’Angelico nel riprodurre perfino i dettagli più crudi, come il sangue dei martiri impastato con la terra nel Martirio dei Santi Cosma e Damiano, dipinto oggi conservato al Louvre.
Martirio dei Santi Cosma e Damiano, Beato Angelico, 1443, Museo del Louvre ph Shonagon 2022-08-11, Wikimedia commons
In conclusione, si può dire che gli aspetti posti in evidenza da Mons. Verdon nella conferenza a San Marco suggeriscono nuovi spunti interpretativi che aiutano a leggere in modo inedito l’opera di una delle più grandi personalità artistiche del Rinascimento a Firenze come Beato Angelico. Per saperne di più su Beato Angelico, scopri il tour privato dedicato al complesso di San Marco ⟢